-Chiedimi se sono felice
-Sei felice?
-Mah…
Il meccanismo è rodato. Funziona se l’obiettivo mira a falsificare i problemi piuttosto che ad affrontarli in modo illuso o sincero o entrambi. Una vita di pace e di benessere: questo sembra poter garantire la tanto agognata risposta affermativa alla domanda Sei felice? Ora, per la pace e il benessere serve il denaro, e per il denaro, a meno di fortune ereditate, serve il lavoro. Per tanto benessere, serve tanto lavoro. Non inteso come straordinari o fatiche memorabili: anche otto ore al giorno sono tanto lavoro. Voglio dire: in un ammontare settimanale, sono più o meno quante se ne dormono. Provo ad inserire un secondo termine che, dopo felicità, è spesso sulla punta della lingua dei desideri: crescita. Nelle dinamiche lavorative lo si sente tanto quanto gli inglesismi. L’importante è crescere, voglio crescere, adesso sono arrivato qui ma spero di crescere. Ci siamo tutti dentro. La prospettiva di benessere, quindi, si scosta in un futuro indeterminato. Non è mai ora, ma è domani, dopodomani o il prossimo mese, anno, quinquennio. Spesso e volentieri è il lavoro stesso che devia l’attenzione sulle gratificazioni future, proprio perché non si può accettare l’attività pragmatica della propria mansione come valida e soddisfacente. Insomma, qualcuno risponderebbe mai a cinquanta e-mail al giorno per l’esclusivo piacere di farlo? Non credo.
Parafrasando Schopenhauer -magari con faciloneria- ci inseriamo in un percorso dove la soddisfazione è fuggente e la fatica per ottenerla lunga ed estenuante. Il presente è sacrificato a una preparazione: viva la formica e abbasso la cicala. Giusto… Ma arriva l’inverno prima o dopo o è solo un’illusione generata dai nostri timori e dalle nostre ansie? Il meccanismo va su di giri, e più otteniamo, più vogliamo ottenere: l’inverno è sempre la stagione successiva.
La verticalità del ragionamento non esclude eventuali orizzontalità: la preparazione della cicala può essere legata al mantenimento di una famiglia o di un progetto. Non c’è mai un errore palese nel contesto del sacrificio, a meno che non lo si senta come un macigno sul proprio cuore. Da qui, il possibile stravolgimento di come si opera una scelta: non è il fascino della proiezione la guida (il positivo), ma la capacità di sopportazione dei suoi difetti (il negativo) – credo sia la punta più alta del mio processo di maturazione. In soldoni: i vantaggi di un posto di lavoro che mi garantisca uno stipendio adeguato alle mie esigenze in divenire pareggia -perlomeno pareggia- l’insofferenza generata dallo stare otto nove dieci ore al computer a chiarire aspetti per me di poco conto o che mi interessano solo di sfuggita?
La domanda è posta in modo tale da generare un’ovvia risposta, che è solo la mia risposta, perché non c’è una giusta in senso generale. Ognuno potrebbe vagliare il calderone della propria persona in cerca di indizi. Potrebbe tentare un calcolo il più possibile preciso del futuro nel quale sta tentando di infilarsi, domandandosi non se è davvero quello che vuole, ma quello che, nelle probabili incrinature, può sopportare. La questione è sempre personale: ciò che è sollievo e benessere trova un reale esaudimento nella sopportazione individuale e non nei desideri sociali. Però: come ci si riesce ad estraniare dal contesto sociale -silenziare le voci- per ascoltare solo la propria? Un altro termine altisonante, dopo felicità e crescita: consapevolezza. Quella mistura di esperienza e analisi, capace di dare un risultato vago ma indicativo al caotico magma del passato. Intuire –capire è fin troppo temerario- chi si è e quale strada è meglio calpestare dai piccoli lampi d’esperienza vissuta. Quale attività ha dato senso alla mia esistenza? In che modo? Quale mi ha dilaniato, stressato, svilito, umiliato? Cercavo soddisfazione e la mia paura mi ha bloccato? Non è tuttora adatta a me o non ero adatto io all’epoca? Cercare dove sembra non ci sia nulla di importante, perché anche lì può essersi manifestato qualcosa di sé. Lo so, sembra un manuale di self help, però -ne sono convinto- una volta operata una scelta consapevole e, soprattutto, indipendente, i sacrifici si trasformeranno in passi e i risultati in occasione di valutazione. Il vissuto garantisce un presente in un contesto dove il futuro è in fase di costruzione e il passato funge da solide fondamenta.
A questo punto, la domanda può essere rifatta.
-Sei felice?
-Mah…Di certo non trovo il tempo per essere triste