SUL MIO CURRICULUM

Nome: Leonardo

Cognome: Beraldo

Nato: 30/08/1988

Anni: trenta e potrei giocare ancora a calcetto, una partita intera intendo. Magari con una pausa in mezzo.

Residente a casa dei miei.

Domiciliato in una piccola stanza, cinque metri per tre, a Venezia, nel quartiere della manovalanza cittadina. Gente sana, gente che lavora, gente che sputa.

E-mail: leon.beraldo.lb@gmail.com. Un po’ macchinoso come indirizzo di posta, quando lo detto sembra non finire mai. Troppi punti. Poi quel “leon” iniziale che da un’idea di grinta, ma troppo aggressiva e prepotente. Purtroppo quella combinazione di nomi era libera; avevo le mani legate.

FORMAZIONE

Liceo Scientifico “Berto” di Mogliano. Voto 61/100. Sono stato bocciato due volte, ho recuperato un anno alla scuola dei furbi (quella dove la campanella ha il suono dei dindini svuotati nella cassa e dello scontrino stampato, scontrino che ha le sembianze di una pagella). Ho cambiato in totale quattro licei, tutti scientifici, e un numero davvero ragguardevole di compagni di classe. Non c’è fierezza né pentimento in quello che scrivo: ho perso tempo ma mi sono divertito. Quell’uno che accompagna il sessanta è il mio vanto, la ciliegina rossa e gustosa su una torta venuta male.

Laurea in Tecniche artistiche dello Spettacolo. Voto 103 o 106 su 110. Ho scelto questa facoltà perché mi piaceva andare a vedere i film al cinema. Niente di più. Non era una fissazione, neanche una passione. Mi piaceva. Purtroppo non erano previste gite al cinema durante gli esami. Bisognava leggere libri, e libri che non erano affini ai miei gusti. Senza contare che di esami di cinema ne ho dati tre su ventiquattro; il resto riguardava musica, teatro, danza. Interessanti comunque eh, ho aperto gli occhi su versanti inesplorati. Però niente popcorn giganti e bibita: ecco qual è stato il vero problema. Per la tesi ho fatto due tentativi. Il primo, conseguenza del bisogno imminente di laurearmi e uscire da quel crogiolo di sapienti in cui mi sentivo sempre il meno sapiente, è andato male: ho copiato metà tesi da Internet e metà da un libro. Il relatore mi ha detto che si riteneva truffato per la parte che avevo copiato su Internet, quindi niente laurea. Ha aggiunto però che la parte copiata dal libro era ben scritta. E mi sono preso i meriti di quel piccolo complimento, senza neanche sentirmi troppo in colpa. Il secondo tentativo è stato quello ufficiale: ho scritto una sceneggiatura originale. Mi era venuta in mente questa idea per un film nel quale tutti gli esseri umani avevano un cartone in testa, un sacco del pane per capirci, e quattro amici partivano alla ricerca di loro stessi con questo cartone in testa, attraverso quattro tappe italiane, ognuna delle quali rappresentava un rapporto sociale o uno stato d’animo. Nel finale facevo capire che il sacco del pane non era mai esistito. A rileggerla, ho provato quel senso di vergogna tipico del rileggersi. La relatrice mi ha detto che la storia era poco comprensibile e originale. Anche in quel caso, ho preso la frase come un complimento: mi sono sentito un Lynch all’italiana.

Ho frequentato la scuola di scrittura per cinema e televisione “Bottega delle Finzioni”, sull’onda di quella voglia che mi era venuta per lo scrivere sceneggiature. E’ stata una bella esperienza. Durante le lezioni si analizzavano le idee e i progetti sia di noi alunni, alle prime armi, sia dei grandi maestri che fossero registi, sceneggiatori o scrittori. Ho respirato quell’aria briosa di condivisione mista ad arroganza propria di tutti noi aspiranti creatori di mondi.

ESPERIENZE LAVORATIVE

Aiuto-pizzaiolo e quasi-pizzaiolo. Sotto l’egida del primo proprietario della pizzeria ho imparato cos’era un lavoro, i meccanismi che lo compongono, i comportamenti da mantenere nelle diverse situazioni e anche che condire una pizza da ubriaco non è una sfida così facile come sembra. Se non è facile con una, figuriamoci con le duecento di una domenica sera. Il secondo proprietario mi ha sempre detto che non sono fatto per lavorare, men che meno per lavorare in una pizzeria. Però mi teneva perché ero affidabile e perché entrambi fumavamo parecchio: si era creata una sorta di rapporto maestro-discepolo sul fumo e la vita, e il luogo degli insegnamenti era per caso una pizzeria. Lui parlava della sua infanzia o dei suoi anni all’estero e io lo ascoltavo, lui fumava una sigaretta e io pure. Avanti così finché non si palesava un cliente. Nella pratica, in otto anni di lavoro ho imparato a stendere con calma una pallina di pizza alla volta. Con molta calma.

Barista e aiuto-proiezionista al cinema “Corso”. Anche qui, una volta che partiva lo spettacolo e l’ammasso di persone si spostava dal bancone del piccolo bar quasi improvvisato alla sala, non mi restava altro che fumare e ascoltare il mio collega, proiezionista storico dei cinema di Treviso, raccontarmi come girava la città negli anni dei porno d’estate e delle biciclette tutto l’anno. O restavamo in piedi, all’aperto, a fumare, o sedevamo sui divanetti rossi dell’atrio. Attendevamo la calca che precedeva la partenza del prossimo spettacolo. O il contrario: attendavamo che si dissolvesse per tornare a fumare. Un giorno a settimana sostituivamo i film da proiettare e, mentre io lo assistevo nello spostamento dei pesi, lui mi raccontava di come giravano i film negli anni di Moana Pozzi d’estate e della Disney a Natale.

Barista e maschera al multisala “The Space”. Quando ho fatto il barista al multisala dovevo pedalare; dovevo servire velocemente i clienti, dargli i popcorn, dargli la Pepsi, dargli il caffè , le patatine, il gelato, fare i conti, prendere i soldi, dare il resto, dare una passata per terra, dare una sistemata al banco, dargli i popcorn. Quando ho fatto la maschera, dovevo stare fermo a strappare i biglietti e pulire alla buona qualche sala mentre la colonna sonora nei titoli di coda mi faceva muovere a ritmo: ho amato quel ruolo.

Commesso in una libreria. La libreria era dentro il multisala e ai più era sembrata una promozione. Ha il suo fascino dire che si lavora in una libreria, ma è affascinante solo dirlo. Aprire continuamente scatoloni e rimaneggiare quotidianamente scaffali alla ricerca dell’incastro perfetto dei tomi è tanto noioso quanto aprire scatoloni e riversare magliette e jeans incelofanati sul nastro trasportatore in una fabbrica di indumenti (Benetton). Però spesso tra colleghi ci divertivamo a leggere i titoli delle saghe dei romanzi rosa che variavano quel minimo, da garantire un po’ di spensieratezza e risate: “Domani sarai mio”, “Domani sarò tua” ,”Domani ci sarà anche lei”, “Domani saremo uno in più”, “Domani forse ci sarò e ti amerò”.

Portinaio. E’ il lavoro che ancora svolgo. Devo dire che non è male, forse nel lungo periodo può deteriorare ma per ora resisto, godendomi i vantaggi che il mestiere permette: scrivo nei momenti morti, la maggior parte, e guardo donne nei momenti vivi. Qualche volta, il ruolo si trasforma in Spola, postino ufficioso in soldoni, e passeggio per la città con qualche busta da portare nei luoghi più disparati; è un’attività che mi rilassa se non ho fretta per qualche motivo.

ESPERIENZE ALL’ESTERO

Ho vomitato in una laterale della Rambla a Barcellona, ho sbagliato stanza in hotel a Edimburgo, c’ho messo dieci minuti a far capire quale panino volevo in un fast food a Londra, a Vienna sono stato preso in giro dal facchino di un albergo a cinque stelle perché al posto di un trolley avevo una sacca.

CONOSCENZE INFORMATICHE

Come potete notare, vi sconsiglirei di chiamarmi se volete costruire la grafica di un sito. Per quanto riguarda l’uso di WordPress, per dare vita al blog ho seguito passo passo una guida su Udemy, quindi nel caso in cui vi servano consigli sulla piattaforma, vi mando il link della pagina del sito. Con Word me la cavo; ho sempre pensato che l’importante sia sapere usare la tastiera. Facebook lo uso per spiare le foto di qualche ragazza interessante ma mi sa che tra poco dovrò passare a Instagram.

ESPERIENZE NON LAVORATIVE

Ho condotto un programma radio, chiamato “In ritardo con Leonardo”. E’ stata un’esperienza che mi ha formato sotto un punto di vista principalmente: mai mettersi a lavoro con persone troppo simili a se stessi. Se si prende tutto troppo sul serio si finisce per litigare, se si prende tutto alla leggera si finisce che al posto di trovarsi alle nove per la preparazione della puntata, ci si trova alle dieci e mezza, colpa del sonno, si fa colazione fuori, un’oretta circa, dopo la colazione si parla del più e del meno, arriva l’ora di pranzo e si decidono la scaletta delle canzoni e basta. Quello che verrà detto, sarà a discrezione dell’improvvisazione e della maestria dei conduttori. C’era molta improvvisazione e poca maestria.

ATTITUDINI PERSONALI

Davvero, come faccio a dire seriamente quello che sono o non sono? A volte mi sento un genio, a volte un pirla, a volte mi sento simpatico, a volte sono antipatico, a volte sono onesto, a volte mento, a volte sono socievole, a volte sono asociale. A volte sono questo, a volte sono quello.

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali, ai sensi del D. lgs. 196 del 30 giugno 2003. Firma.

Mi sa che è troppo lungo però, era meglio il formato europeo, non ho messo di quella settimana di otto anni fa che ho fatto quel workshop su cos’era?, per la foto mi metto in completo e mi taglio la barba, in terza media ho fatto un po’ di francese lo scrivo?, se ci metto un grafico a torta?, ecc. ecc. ecc.