A gennaio ho cominciato a scrivere un libro, a maggio l’ho terminato e a settembre me l’hanno rifiutato. Credo di rispettare in piena regola e con i tempi previsti il percorso di ogni aspirante scrittore, o di quasi ogni aspirante scrittore: a qualcuno va meglio.
La lettera di rifiuto, che proviene da un’agenzia letteraria, è divisa in due parti: nella prima distrugge passo passo la trama che ho creato, compresi i personaggi e le loro azioni, nella seconda da un calcio al mio stile di scrittura.
Dopo un incipit nel quale riassume i temi del libro, un incipit leggero tutto sommato, senza giudizi o pareri, si passa alla mannaia. “Non ci si sofferma su episodi particolarmente significativi, né si arricchisce la trama con tanti accadimenti. Quindi la storia finisce per risultare troppo ordinaria, comune, non degna di assurgere al ruolo di protagonista di un testo.”. Bene. Era la mia idea forte: storia comune, ordinaria, che non metta in scena tanti accadimenti.
“E l’autore indugia su alcuni dettagli che non appaiono accattivanti agli occhi di un lettore, anzi tutt’altro. Ad esempio, la lista della spesa.”. Quando ho pensato di scrivere la lista della spesa, l’entusiasmo era alle stelle. Mi sembrava geniale come soluzione; si poteva descrivere attraverso un elenco che ci accomuna tutti, almeno nello stilarlo, parte della vita di due coinquilini. Che cazzo: è geniale, no?
Poi c’è la critica sull’infuso biologico al finocchio e liquirizia, sul quale mi dilungo troppo. Niente da dire: è vero. Ma l’avete mai assaggiato? Avete presente quanto può essere buono e, soprattutto, depurativo? Forse dovrei offrire un paio di tazze all’agenzia, così che si possano ricredere.
Vengono demolite le descrizioni su cibo e pulizie, ma quelle si agganciano alla questione di prima: una storia comune in cui, per forza di cose, faccio fare cose comuni, come mangiare e pulire.
Qualche complimento: “trama troppo fragile, a tratti inconsistente, del tutto strumentale al raggiungimento dell’epilogo.” Sarà facile correggere queste piccolezze.
Viene analizzata la storia d’amore: troppo presto, troppo veloce, troppo in fretta. Ho cercato di raccontare quelle cotte che prendono subito, non so se avete presente. Avete mai conosciuto una persona che sapete già, dopo qualche ora, al massimo giorno, poter essere, fattori esterni come distanza, impegni ecc. permettendo, l’uomo o la donna con cui poter imbastire qualcosa di importante? Con un mio amico, ci siamo sempre detti: “Quando esci la prima volta, lo sai già.”. Lo consideravo un buon modo di affrontare la tematica, un modo sincero: pessima idea, pure questa.
Poi personaggi poco caratterizzati, semplici apparizioni e la ciliegina sulla torta: il protagonista è poco caratterizzato, sembra vivere in balia degli eventi, sempre preda dell’incertezza e dell’inconcludenza. Cazzo, sono io il protagonista; sono io quello in balia degli eventi, eternamente incerto e inconcludente. Forse serviva un altro protagonista per una trama, ma ci speravo: se non sono un buon protagonista nella vita e non sono un buon protagonista in un libro, dove posso inserirmi? Dove sfogo il mio ego oppresso dalla società, dove sfogo i miei pensieri, le mie idee, la mia libertà di dire e fare ciò che voglio?
“Veniamo all’aspetto stilistico”. Quando sono arrivato a questo punto della lettura, avevo paura di essere tartassato pure sui periodi e la grammatica, ma in realtà il peggio era passato; il peggio, non gli errori. Descrizione del sesso troppo minuziosa (sono d’accordo), alcune parti di cattivo gusto, alcuni dialoghi poco realistici; queste sì, sono questioni piccole che si possono correggere in un attimo e sulle quali ragionerò e cercherò soluzioni alternative e meno eccentriche.
Ultimi complimenti: “Alcuni periodi troppo lunghi, ripetizioni che appesantiscono il testo, titoli dei capitoli poco affascinanti per il lettore.” Vi prego, basta, aiuto; non voglio più scrivere, levatemi le tastiere dei computer da sotto le mani!
La valutazione finisce con un: “invitiamo l’autore a lavorare sul testo seguendo le indicazioni fornite nella scheda…”. E qui, dato che di salvabile è rimasto poco, arriva la parte difficile: tenere qualcosa? ripartire da capo? rimpolpare? tagliare? piangere?
Credo che prima di tutto lo rileggerò, il mio primo libro, così da godermi un’altra volta la mia storia strampalata e fuori rotta, e poi lo riprenderò in mano, seguendo le indicazioni che mi andrà di seguire. Chissà, forse con qualche piccola correzione, ad un’altra agenzia, in un altro momento.
Con qualche bustina di infuso di finocchio e liquirizia in regalo.
(In allegato trovate la valutazione)